Giornata mondiale della Democrazia

Giornata mondiale della democrazia

La parola « democrazia » è composta di due termini greci : δῆμος (demos, che significa “popolo”) e κράτος (kratos, che vuol dire “potere”). La democrazia è quindi il regime politico in cui il potere è esercitato dal popolo. Se la parola è greca è perché questa forma di governo fu per la prima volta teorizzata e praticata in Grecia, in particolare ad Atene dove raggiunse la sua forma più compiuta all’epoca di Pericle tra il 460 e il 430 a.C.

La costituzione prevedeva in primo luogo l’Ἐκκλησία (in latino “ecclesia”, da cui l’italiano “chiesa”), che era l’Assemblea del Popolo. Ne erano membri tutti i cittadini maggiorenni maschi e liberi (con esclusione, quindi, delle donne, degli stranieri e degli schiavi) i quali godevano di pari diritti giuridici e di pari diritto di parola. Si calcola che i cittadini potessero essere all’epoca non più di 30.000 su una popolazione totale (Atene e Pireo) di 250.000 abitanti. In realtà i partecipanti alle riunioni (quattro al mese) superavano raramente i 6.000: per questa ragione fu istituita la mistoforia: due oboli al giorno (la paga giornaliera di un operaio) ad ogni partecipante. L’Assemblea era sovrana e deliberava su qualsiasi argomento riguardasse la città. La votazione era segreta solo in situazioni limite. Dietro c’era la Βουλή (in greco moderno: Vulì) composta di 500 membri sorteggiati annualmente: preparava i testi di legge sia di politica interna che di politica estera da sottoporre all’esame dell’Assemblea. Controllava inoltre le pubbliche entrate, esercitava la dokimasìa: verificava se l’eletto aveva tutti i requisiti di legge per esercitare la carica, e celebrava i processi per denuncia per attentato alla democrazia, per alto tradimento, per corruzione.
Infine c’erano gli Arconti, in numero di nove, anch’essi eletti annualmente dall’Assemblea per sorteggio. Essi erano: l’arconte eponimo, che dava il nome all’anno; il polemarco, (inizialmente era il capo militare, ma poi perdette questa funzione che passò agli strateghi): era il giudice nelle cause riguardanti gli stranieri; l’arconte re, che aveva competenze in materia religiosa; e sei tesmoteti, il cui compito era quello di istruire tutti i processi pubblici e alcuni privati (la proprietà, il commercio, le miniere…).

Stele della Democrazia: il Demos in trono è incoronato dalla Democrazia. Sotto è scolpita una legge contro la tirannide. 336 a.C. – Atene, Museo dell’Agorà
Stele della Democrazia: il Demos in trono è incoronato dalla Democrazia. Sotto è scolpita una legge contro la tirannide. 336 a.C. – Atene, Museo dell’Agorà

In definitiva, si trattava di una democrazia diretta, che era resa possibile dal piccolo numero di cittadini di una piccola città, la polis. Era questo che intendeva dire Aristotele con la sua asserzione che “l’uomo è un animale politico” poiché era la polis – e non il vasto impero persiano – che garantiva al vivente, con le sue istituzioni democratiche, di essere realmente uomo. In questo, è cosa diversa dalla nostra democrazia che è fondamentalmente rappresentativa. Pur con tutti i suoi limiti, resta comunque alle origini del lungo processo che giungerà fino a noi. Due istituti tuttavia converrà segnalare che purtroppo non esistono più da noi. Uno era l’ostracismo. Chiunque diventava tanto importante o potente da costituire un pericolo per la democrazia, veniva mandato in esilio per dieci anni. In Assemblea si votava scrivendone il nome su dei cocci di terracotta (òstraka). L’altro era l’antidosis. Un cittadino incaricato di una liturgia (per es.: allestire una trireme con il suo equipaggio, ricevere un ambasciatore, offrire un banchetto pubblico…), se riteneva che l’incarico eccedesse le sue condizioni economiche, poteva indicare uno che stimava più ricco di lui. Quest’ultimo poteva accettare oppure rifiutare, ma in quest’ultimo caso i due dovevano scambiarsi le rispettive proprietà.

Di seguito, il celebre discorso di Pericle in onore dei caduti alla fine del primo anno della guerra del Peloponneso (431 a.C.)

Qui ad Atene noi facciamo così.
Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia.
Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza.
Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.
Qui ad Atene noi facciamo così.
La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo.
Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.
Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa.
E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benché in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla.
Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia.
Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore.
Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versatilità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.
Qui ad Atene noi facciamo così.